L’intervento di Nucara a Montecitorio/Giorgio La Malfa con le opposizioni

Il Pri ha votato la fiducia al governo

Apriamo il giornale con le dichiarazioni di voto del 29 settembre degli onorevoli Francesco Nucara e Giorgio La Malfa. Di seguito la lettera di Nucara a La Malfa inoltrata prima del voto di fiducia. Per completezza riproduciamo il passo dal libro di Eugenio Scalfari, "L’uomo che non credeva in Dio", da cui è stato tratto il passo relativo a Ugo La Malfa citato da Nucara nella sua dichiarazione in Aula.

Francesco Nucara. Signor Presidente, come dicevo, mi riconosco nelle parole del collega Pionati e quindi voterò la fiducia al Governo Berlusconi: non parlo, però, a titolo personale, ma a nome del partito Repubblicano, che ha svolto una riflessione e, a larghissima maggioranza (diciassette voti contro tre), ha deciso di sostenere il Governo Berlusconi.

Il mio pensiero è quello di Ugo La Malfa che, in un lontano Capodanno, disse ad Eugenio Scalfari: non mi interessa il partito comunista, il partito socialista, la Democrazia cristiana e nemmeno il mio partito, ma mi interessa il mio Paese E’ per questo che voterò la fiducia.

Giorgio La Malfa. Signor Presidente, nella seduta del Parlamento di oggi c’era non un sapore di nuovo, ma un sapore di antico, di vecchie sedute di venti o di trenta anni fa e ho l’impressione che il primo a comprenderlo fosse il Presidente del Consiglio, costretto a promettere strade provinciali a questo o a quel parlamentare. Ma onorevole Berlusconi, dov’è il sogno con cui lei ha parlato agli italiani e che ha portato anche noi, uno dei vecchi partiti della Repubblica, a sostenerla per tanti anni? Dov’è la speranza e la fiducia di dare all’Italia una prospettiva di sviluppo?

Tutto questo è diventato la rivendicazione di successi passati che non ci sono nei numeri, nelle statistiche e la promessa che alla fine di questa legislatura verrà la riforma tributaria, che era il centro della sua politica economica, che è la ragione per la quale noi l’avevamo appoggiata. Togliere il piombo dalle ali del sistema produttivo italiano, riorganizzare lo Stato, ridurre la spesa pubblica: tutto questo non c’era! Lei crede, signor Presidente del Consiglio, che ci sarà, dopo la crisi come quella che ha avuto, con una maggioranza divisa e indebolita? Non mi sento di dare la fiducia ad un sogno che è spento ed è per questo che voterò "no", signor Presidente del Consiglio.

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Caro Giorgio, sulla base del mandato della Direzione Nazionale del PRI che ha invitato "la segreteria politica a proseguire nel percorso avviato", dopo l’incontro avuto con il Presidente del Consiglio a Palazzo Grazioli, Ti chiedo di sostenere il governo Berlusconi nel voto di domani in Aula.

Conosco le Tue riserve politiche sull’operato del governo, ma credo che l’impegno a rappresentare il nostro partito in questa delicata legislatura, dove i deputati repubblicani sono stati eletti nelle liste del PDL, debba prevalere sulle valutazioni personali, fondate o meno che siano. Con amicizia,

Francesco Nucara

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…Uscimmo da quel bar un po’ più riscaldati. Io gli dissi: "Però tu non riesci ad andare sopra al 5 per cento dei voti. Spesso neppure lo raggiungi". "Appunto, - rispose, - io guido il più piccolo partito italiano. Però influisco. Conto assai di più della dimensione numerica del mio partito. Sbaglio?" "No, hai ragione, tu conti molto di più di quanto pesi il Partito repubblicano" "Perché so giocare di sponda". "Va bene, ho capito. Ma qual è l’obiettivo? Arrivare al 7, al 10, al 12 per cento? Ci metterai trent’anni e saremo tutti morti".

Lui si fermò, mi strinse il braccio. Mi disse: "Non mi importa nulla di fare aumentare i voti del mio partito. Anzi non m’importa del mio partito. Io voglio che i comunisti diventino democratici, la destra italiana diventi democratica, il capitalismo italiano diventi democratico, la borghesia diventi democratica. Noi viviamo in un paese diviso tra due chiese, entrambe con vocazione teocratica, entrambe con due diversi paradisi. Io voglio che cambi sia la sinistra sia la destra. Voglio una democrazia compiuta e matura. A quel punto potrò morire in pace".

E. Scalfari, "L’uomo che non credeva in Dio", Einaudi, pp. 121 – 122